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Intervista di Ettore Iacono, Festalibro, Capo d’Orlando, giugno 2005

1. A PROPOSITO DE LA CONCHIGLIA MAGICA

D: Lei mostra nei suoi libri un amore molto forte per due realtà: quella del bosco , tipica del luogo dove lei oggi vive, e quella del mare, propria della zona da cui ha tratto le origini. Due realtà legate al fato, al mito, al sogno, alla magia, all’avventura, elementi che poi ritroviamo nei suoi libri. 

R: Sì. Del mare ho una grande nostalgia e a volte vado sulle rive di qualche lago alpino illudendomi di sentirne l’odore. Parlo del mare nel romanzo La conchiglia magica e in un racconto presente in Aspra di Boccasole, dal titolo Il guardiano del faro. Forse per questo è il racconto che io amo di più in quella raccolta. So che una compagnia teatrale, “La Limonaia“ di Sesto Fiorentino, l’ha messo in scena per i ragazzi e avrei voluto vederlo. 
Il bosco invece l’ho scoperto vivendo in Trentino e devo dire che è molto suggestivo. D’altra parte le fiabe nordiche indicano proprio il bosco come luogo di magia, di trasformazione e di incontri. Il bosco mi ha suggerito diversi spunti narrativi, per esempio alcuni racconti in Aspra di Boccasole e il romanzo Il mistero delle luccipietre

D: Lei ha scritto anche un giallo...

R: Sì, Il Borgomastro di Francoforte. Non sono mia stata un’appassionata lettrice di gialli, ma ho voluto cimentarmi… E’ stata una piccola sfida. Così ho scritto un giallo un po’ ironico, che prende in giro alcuni luoghi comuni del genere. Mi sono divertita molto. Poi è stato apprezzato e anche premiato.

D. Parliamo de La conchiglia magica. E’ un libro che affronta vari temi, tra cui quello del traffico di reperti archeologici. Lei crede che i ragazzi già a questa età possano esser sensibilizzati verso questo?

R: Certo, perché no? Il problema del traffico di reperti archeologici è attualissimo, anche nel nostro mare avvengono questi furti. Abbiamo frequenti notizie di cronaca. L’idea di un catamarano che compare la sera e ospita un individuo losco che fa traffico di opere d’arte trafugate non è un' invenzione fiabesca o un espediente narrativo. Ho preso spunto da un fatto veramente accaduto. Alcuni anni fa i giornali hanno parlato di un nobile italiano il cui figlio era morto durante un’immersione subacquea. Quella notizia si arricchì poi di un particolare inquietante: quell’uomo, col suo panfilo, percorreva le rotte del Mediterraneo alla ricerca di reperti archeologici. Ecco, questo è un genere di furto che ci riguarda tutti e dobbiamo sapercene difendere. 

D: Nel libro colpisce l’affetto che i bambini hanno verso gli anziani. 

R. Conosco gli effetti bellissimi del rapporto tra bambini e anziani. L’ho visto anche nella mia famiglia. I miei figli hanno avuto dei nonni che hanno trasmesso esperienze e culture diverse, ma soprattutto un affetto profondissimo. Io auguro a tutti i bambini di aver dei nonni che abbiano il tempo di dedicarsi a loro.

D: Da chi ha preso spunto per delineare i tre ragazzi? 

R: I tre ragazzi hanno caratteri molto diversi. Paola è razionale, Camilla sognatrice, Gianni deciso. Comunque, in generale, ho osservato i comportamenti dei ragazzi prevalentemente attraverso i miei figli e i loro amici.

D:  L’eruzione vulcanica è vista da Camilla come una festa di nozze. La descrizione sembra frutto di un sognare a occhi aperti. L’ha scritta lasciandosi trasportare dalla fantasia? 

R: La scena dell’eruzione vulcanica sull’isola io non l’ho immaginata, l’ho osservata realmente sulle pendici dell’isola di Vulcano, nell’arcipelago delle Eolie. Ho visto una larga striscia di fuoco scendere verso il mare. E’ stato un evento raro, ma si è verificato una notte d’estate di alcuni anni fa e, osservandolo a distanza, era molto suggestivo. Poi nel libro l’ho descritto attraverso gli occhi sognanti di Camilla, che trasfigura la realtà e la ricrea secondo regole proprie, che sono regole fiabesche. Infatti crede di assistere al matrimonio tra il Re dei Fondali Perduti e la Regina delle Streghe Marine. 

D: Ma il Bracco sceglie Gianni quale erede della conchiglia. 

R: Sì. E’ Paola che scopra la conchiglia nel cespuglio di alghe, ma si fa da parte e lascia che sia Gianni a prenderla. E’ lui che la restituisce al Bracco con un gesto che crea un momento rituale. E’ stato Zarik a portare la conchiglia a Mirbon e ora è Gianni che la porta al Bracco. Si crea così un'ulteriore corrispondenza tra la fiaba raccontata dal Bracco e i fatti che poi avvengono nel villaggio di Sant’Elmo. E questo è uno dei motivi conduttori della vicenda narrata.

D: Per quanto riguarda i nomi, quelli delle barche mi hanno particolarmente incuriosito. Di solito si usano nomi come ‘ Il drago del mare’; invece lei le chiama La Maestosa, La Gelosa, La Gioiosa, La Prudente, la Malcontenta. 

R: Sono nomi non di donne ma di comportamenti femminili, e io ho voluto accentuare quest’aspetto: la barca come la donna del marinaio, quindi con un suo carattere. La Malcontenta, scontrosa com’è, va in mare solo quando vuole lei . Alla Gelosa il Bracco dice di starsene tranquilla perché tornerà presto. C’è un rapporto da persona a persona. La barca non è solo uno strumento di lavoro: è così importante per il pescatore che ho voluto personificarla.

D: La conchiglia nel libro è rappresentata come un oggetto, ma per lei cosa rappresenta?

R:
Un oggetto caricato di poteri straordinari acquista sempre un significato simbolico. Per me è il mito.
Nel libro io le attribuisco valenze diverse: per Zarik la conchiglia era stata strumento di libertà, per il Mister che ora vuole impossessarsene è invece uno strumento di potere.
Anche i pescatori di Sant’Elmo e i tre ragazzi protagonisti della storia sono sicuri che la conchiglia custodita dal Bracco sia proprio quella di Zarik. 
Insomma, c’è un desiderio comune di dare un senso magico alle cose in luoghi dove le leggende e i miti risuonano da sempre.