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Dal Blog IL FLAUTO DI PAN - 12 settembre 2014
La recensione di Miriam:
L’assenza può rendere più visibili. Ci avete mai pensato? Sembrerebbe un paradosso, eppure è così.
Marcella Destori, per esempio, è una ragazza silenziosa. Benché sia carina al punto di suscitare l’interesse dei ragazzi, si tiene ai margini. Schermata dalle spalle larghe di Giacomo Ponti, quando è in classe, è persino in grado di prendersi una vacanza dalle lezioni senza che gli insegnanti se ne accorgano. D’altra parte, Marcella ha buoni voti, trascorre gran parte delle giornate rintanata nella sua cameretta e non assilla i genitori con richieste improbabili.
La sua è una presenza discreta, tanto da poter passare inosservata. Ciononostante, quando un giorno, di punto in bianco, svanisce nel nulla, gli occhi di tutti convergono sul suo posto rimasto vuoto, ed è proprio allora che amici e parenti, si rendono conto di non averla mai conosciuta davvero.
Chi frequenta Marcella quando è fuori casa? Cosa le piace? Cosa sogna? Che segreti nasconde nel suo computer?
Nessuno sembra saperlo: non i suoi genitori che le hanno concesso la massima fiducia e hanno sempre evitato di fare troppe domande per paura di risultare invadenti; non i suoi compagni di classe che la tengono a debita distanza, e nemmeno la sua migliore amica, Giada.
La verità è che dal momento in cui ha ottenuto il suo primo tablet e ha scoperto l’universo dei social network, Marcella si è rintanata in un mondo tutto suo, fatto di like e messaggi in chat. Un mondo che le forniva l’illusione di essere libera e lontana dalla monotonia della sua vita da adolescente, in cui poteva indossare maschere diverse senza paura e circondarsi di mille amici, riservandosi la facoltà di cancellare con semplice click chiunque smettesse di andarle a genio.
Quel mondo, adesso, rappresenta l’unica pista da seguire per scoprire cosa le è accaduto e sperare di riportarla indietro.
Un giallo in piena regola attraverso cui Adriana Merenda ci guida su un territorio minato: quello della realtà virtuale, appunto, e dell’impatto che può avere sui ragazzi. Lo fa evitando demonizzazioni e falsi allarmismi, mantenendo toni soft in perfetta sintonia con il target giovanile a cui evidentemente l’opera si rivolge in maniera privilegiata, ma mettendo bene in evidenza i pericoli che possono annidarsi nel web.
Il libro si divide in due parti che corrispondono a due diversi POV: quello di Giada e quello di Marcella. Nella prima metà la vicenda viene osservata con gli occhi della migliore amica della protagonista. In lei la paura si mescola al senso di colpa per non essere riuscita a fiutare il pericolo prevenendo il peggio e al senso di tradimento derivante dalla scoperta di essere stata tenuta all’oscuro dei suoi segreti. Intorno a Giada si raccolgono i Genitori della ragazza scomparsa, i compagni di scuola, la polizia, creando una sorta di squadra tesa a far luce sulla vicenda. È questa la parte destinata alle indagini, alle supposizioni, ai timori che lasciano prefigurare gli scenari più nefasti − dal rapimento all’adescamento da parte di un maniaco.
Nella seconda metà, invece, si fa udire la voce di Marcella che svela l’enigma raccontando ciò che realmente è accaduto. Una ricostruzione inimmaginabile, in grado di sorprenderci e ti tenerci sulle spine fino alle battute finali, ma che si scopre essere anche un interessante affresco dell’adolescenza odierna. Una storia che prende il via tingendosi di tutte le sfumature di un thriller ma che, strada facendo, diviene anche storia di una generazione votata alla solitudine poiché imbrigliata in un modello di comunicazione che sembra escludere qualsiasi contatto con la realtà.
Un romanzo attualissimo che sento di consigliare a genitori e figli; oltre che rivelarsi una lettura godibilissima può fornire ottimi spunti di riflessione per un confronto che aiuti ad accorciare il divario generazionale, riscoprendo insieme alcuni valori che rischiano di essere dimenticati, perché la rete è grande e ingannevole e, nella vita reale, spesso, si va troppo di fretta per soffermarsi su ciò che davvero conta.
Miriam Mastrovito, dal Blog “Il flauto di Pan”, 12 settembre 2014
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