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Due cavalieri una mattina di fine estate
nel bosco di Belsito

ovvero

La guerra dei Trent’anni, delle Tre Rose
e delle Tre Corone Unite


   Una mattina di fine estate il prode cavaliere Gonzo di Magonza, bianco di mantello e di pennacchio, entrò nel bosco di Belsito alla testa di cinquanta cavalieri coraggiosi. Là dove la via maestra si stringeva in un sentiero, incontrò il prode cavaliere Gonzo di Gonzaga, nero di mantello e di pennacchio, che cavalcava alla testa di cinquanta cavalieri coraggiosi.
   Chi doveva cedere il passo? Le antiche leggi della cavalleria erano chiare: chi apparteneva a stirpe meno illustre.
   Ciascuno percorse rapidamente i tortuosi rami del proprio albero genealogico e non ebbe dubbi: lo sconosciuto doveva scansarsi! Ma poiché fecero lo stesso ragionamento, nessuno si mosse dal sentiero.
   Un silenzio minaccioso calò sugli uomini e ognuno mise mano alla spada.
   "È bene che mi faccia conoscere" pensò il cavaliere bianco "così non esiterà a cedermi il passo".
   Avanzò di alcuni metri poi, tenendo la destra sul cuore, con voce forte e sicura si presentò: “Gonzo dei..."
   “Urrah!” urlò il suo seguito, e non si sentì né il casato né il titolo nobiliare.
   Il cavaliere nero rimase immobile. Chi era quell’impudente che osava chiamarlo per nome, omettendo il titolo e le forme di cortesia? Prima di sfidarlo a duello era bene fargli capire con chi stava trattando.
   Avanzò alcuni metri, appoggiò la destra sul petto e con voce sprezzante si presentò: “Gonzo dei..."
   “Urrah!” urlò il suo seguito, e tutto il resto andò perduto.
   “Come osa farmi scortesia usando in modo irriverente il mio nome?” pensò il cavaliere bianco, pallido di rabbia. "Gli darò la lezione che si merita”. E fatto cenno ai suoi coraggiosi, si scagliò contro l’avversario.
   Seguì una furiosa battaglia, che si allargò a tutta la regione e a quelle vicine, e poi a quelle più in là, e durò anni e divenne la guerra dei Trent’anni, delle Tre Rose e delle Tre Corone Unite.
   E tutto perché i cinquanta e cinquanta cavalieri non seppero aspettare in silenzio che i loro signori, dalla singolare omonimia, finissero di recitare i titoli nobiliari.

   Altrimenti che cosa sarebbe successo?

   Il cavaliere bianco avanzò di alcuni metri poi, tenendo la mano sul cuore, si presentò con voce sicura: "Gonzo dei duchi di Magonza, signore di Passoglorioso e cavaliere dei Santi Monti".
   “Urrah!” urlò il suo seguito.
    Il cavaliere nero fece un leggero inchino, poi avanzò e disse: "Gonzo dei duchi di Gonzaga, signore di Cimarocciosa e cavaliere delle Sette Terre".
   "Urrah!"
    Dunque, chi doveva scansarsi? La questione non era ancora chiara.

    "Figlio dell'eroe delle foreste nere!" proseguì il cavaliere bianco.
    "Figlio dell'eroe delle isole misteriose!" replicò l'altro.
    "Insignito del Laccio del Gran Manto!"
    "Insignito della Staffa dei Cavalieri Erranti!"
    "Discendente del Custode del Sacro Lume in Terra Santa!"
    "Discendente del Custode della Santa Fiamma in Terra Consacrata!"
   Il cavaliere bianco respirò profondamente, fissò lo sguardo sullo stemma che gli  ornava l'elsa della spada, po aggiunse:" Erede degli eredi degli eredi del Gran Khan!"
   Il cavaliere nero esitò,, raccolse i suoi pensieri, poi disse:"erede degli eredi degli eredi dei Re Magi!"
   "Urrah! Urrah!" gridarono i suoi cinquanta cavalieri.
   Il cavaliere bianco aggrottò la fronte e il suo volto divenne terribile:"Dunque fiero avversario della mia famiglia! Vi farò sentire il freddo della mia spada!" E fatto cenno ai suoi coraggiosi, si scagliò contro l'avversario. 
   Seguì una furiosa battaglia, che si allargò a tutta la regione e a quelle vicine, e poi a quelle più in là, e durò anni e divenne la guerra dei Trent’anni, delle Tre Rose e delle Tre Corone Unite.
   E tutto perché il cavaliere nero si vantò di un'eredità incerta.

   Altrimenti cosa sarebbe successo?